Esercizio per corso di comunicazione

Esercizio per corso di comunicazione

Abitavo appena al di fuori di quella che viene chiamata ‘Circonvallazione Ferroviaria’ della città di Milano, in un condominio dall’aspetto prettamente residenziale. Era situato in una zona molto tranquilla, in una via interna che non subiva il disturbo del traffico milanese.

Ottanta appartamenti, una portineria dall’aspetto signorile e un bel giardino, caratterizzavano quel condominio.

Vivevo, però, da poco e poco in quel quartiere. Ero sempre fuori casa, in zone ancor più centrali. In settimana ero sempre a lavoro e nel weekend vedevo i miei amici.

Utilizzavo il mio appartamento per organizzare di tanto in tanto cene con gli amici e per dormire alla notte. Devo dire che nonostante un divano-letto arrangiato che mi aveva lasciato l’ex inquilino si dormiva discretamente bene.

Era una zona molto tranquilla e la notte c’era un gran silenzio, tranne negli ultimi mesi. Negli ultimi mesi, infatti, il signore anziano dell’appartamento situato al piano superiore rispetto al mio, aveva preso a disturbare il mio sonno. Aveva incominciato dapprima con l’utilizzo di scarpe rumorose per poi superarsi negli episodi successivi in cui ero stato svegliato, sempre di notte,  da una voce roca che chiedeva aiuto gridando per le scale ‘Emanuele, Emanuele’. Emanuele era il marito della portinaia del palazzo, chiamato dal signore chissà per quale motivo. Quella voce insistente aveva svegliato me e l’amico che stavo ospitando. Allora avevo accostato le orecchie alla porta per cercare di capire da dove stesse arrivando quella richiesta di aiuto, e avevo utilizzato lo spioncino della porta per intercettare eventuali segnali, ma nulla all’orizzonte. D’un tratto una voce più familiare aveva interagito con la voce del signore. Era la voce della portinaia ed io, che avevo con lei una certa confidenza e ormai le volevo bene, mi ero preoccupato per la sua sicurezza. Presi coraggio, perché non potevo sapere cosa stesse succedendo in piena notte, e mi diressi su per le scale dove trovai la portinaia che rimproverava il signore di sopra invitandolo a rientrare in casa. Dietro di me, il mio ospite, con un cellulare in mano che registrava un video. Invitato anche io dalla portinaia a non preoccuparmi e a rientrare in casa, tornai nel mio appartamento.

‘‘Scusa se sono venuto dietro di te col cellulare ma… metti che succedeva qualcosa e mi chiamava Barbara D’Urso a testimoniare in trasmissione domani?’’, scherzò il mio ospite e tornammo a dormire.

Il giorno dopo la portinaia mi raccontò che le motivazioni dietro il gesto notturno risiedevano nell’incuranza dei figli che non si erano fatti carico di accudire il papà che, a una certa età, aveva iniziato a dare segni di squilibrio. La portinaia però mi raccontò che spesso disturbava il vicinato e che avrebbe segnalato comunque ai figli l’accaduto.

Non passò molto tempo che gli episodi si ripeterono, spesso intervallati da attività prettamente diurne svolte di notte come ad esempio accendere la radio o la televisione oppure passare l’aspirapolvere.

Ero esausto e non ne potevo più e di tanto in tanto esprimevo il mio disagio alla portinaia su cosa si fosse inventato l’anziano del piano di sopra la notte precedente, la quale puntualmente segnalava ai figli di provvedere a prendersene cura, per lasciar dormire l’intero condominio.

Tutto questo non bastò e non si fece attendere un ennesimo episodio. Stavolta però, aveva deciso di traslocare durante la notte, o per lo meno così avevo ipotizzato. Aveva così incominciato ad azionare compulsivamente il suo letto  elettrico, non lasciando tregua al mio sonno e probabilmente anche al sonno degli altri condòmini. Io non ne potevo più! Il giorno successivo sarei dovuto andare in palestra al mio solito orario mattutino, prima di recarmi sul luogo di lavoro.

Allora mi accinsi a recuperare un bastone da picchiare sotto al soffitto con insistenza per segnalargli di smetterla.

Stavo letteralmente impazzendo e i rumori non cessavano di esistere. Gli avevo anche disperatamente urlato, in piena notte, di smetterla, ma niente. I mobili si spostavano sul pavimento e dal mio appartamento potevo ascoltare quella sinfonia di rumori, che tanto sinfonia non era.

Allora, con estrema rassegnazione, abbandonai la mia vena che mi suggeriva di attaccarmi letteralmente al suo campanello, momentaneamente si intende, giusto quel tantino per farmi rimettere a letto con le cuffie alle orecchie con musica rilassante, ne avevo bisogno.

Il giorno dopo avrei parlato con la portinaia e le avrei chiesto seri provvedimenti.

Così feci e mi recai dalla portinaia con uno zainetto colmo di intolleranza e andai a lamentarmi a dovere da lei che mi rassicurò che avrebbe segnalato l’accaduto alla figlia e che si sarebbe sincerata che se si fosse ripetuto l’episodio, avremmo agito in altro modo. Avevo la portinaia dalla mia parte e me ne andai in ufficio con un misto di soddisfazione, rabbia e sonno, tanto sonno.

Arrivato in ufficio iniziai le mie attività, non senza lamentarmi durante le pause caffè della violenza subita al mio sonno. D’un tratto una chiamata mi allontanò dai colleghi.

‘Pronto Alda, come va? Allora cosa ti hanno detto i figli del signore di sopra?’

‘Nicola’, mi disse la portinaia, ‘vuoi sapere perché sentivi i mobili spostarsi stanotte?’

Ed io: ’certo, il signore di sopra ne aveva una delle sue vero?’

La custode: ’No, erano arrivate le onoranze funebri’.

Silenzio!

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